febbraio 2016
Vincenzo Rende, Socio
Associazione “Sativa Calabria”
Nell’anno di lor Signori, i parlamentari del Tempio, mettono mano e “testa” sulla legge “Norme per il sostegno e la promozione della coltivazione e della filiera della canapa“, intendiamoci Cannabis Sativa, botanicamente della famiglia delle Cannabinacee comprendente anche la sorella “Indica“.
Si tratta del Testo base adottato dalla Commissione nella seduta del 26 marzo 2015, unificato a raggruppare le proposte di Legge Lupo C. 1373 (M5S), Zaccagnini C. 1797 (M5S) e Oliverio C. 1859 (PD).
A detta dei relatori (Progressisti?!) una buona proposta … tanto da incontrare le esigenze di diversi addetti ai lavori che hanno partecipato alla discussione (audizioni) in un confronto “democratico” come ben si fa nelle diverse agorà occidentali.
E finalmente anche per il Belpaese l’equivoco con i fumi ideologici dovrebbe disperdersi nell’aria e la “guerra alla canapa” dovrebbe cessare!
Nel mentre altri paesi della UE a 28 membri hanno investito sulla coltivazione, da anni, continuando nell’opera di diversificazione del prodotto agricolo, immettendo economie sostenibili e redditi nel Nuovo Settore Primario, l’Italia ha avanzato questa iniziativa legislativa la cui mancanza è decisamente annosa.
Ma il cammino è diventato lungo e tortuoso e i timori del mondo agricolo, quello che zappa, diventano “le antiche paure del tempo che fu” .
Ossia che la legge, dalla prima stesura all'ultima dei primi di novembre anno corrente, sia stata ridotta nella sua complessità di applicazione e ridotta nei termini di utilizzo dell’intera coltura.
Da un impianto iniziale che disciplinava l’utilizzazione dell’intera coltura “cannabis sativa”, a cura degli operatori agricoli che avessero avuto intenzione di seminare questa piantina, ora si parla soltanto di agroalimentare che ruota intorno al seme e tutto il resto della pianta è finita nel dimenticatoio: cosmesi, nutraceutica, farmaceutica, fitodepurazione.
Siamo ritornati al clima da caccia alle streghe? Si ha timore che lasciare libertà di utilizzo agricolo della pianta Sativa possa aprire la porta alla liberalizzazione della canapa da fumo!?
Serviranno le iniziative dei tanti “carbonari“ che chiedono di non snaturare la primitiva proposta sulla Sativa?
Anche in Italia la Cannabis Sativa è considerata coltura prestigiosa e degna di entrare nel comune “sentire” agricolo come pianta ecosostenibile - officinale, valida per i diversi usi innovativi e fonte di redditi agricoli aggiuntivi. L’Italia dovrebbe dimostrare di stare al passo con i paesi fondatori UE e avvicinarsi agli standard legislativi dei paesi membri europei, anche, o almeno, in materia di coltura di cannabis sativa. Coltura che fino agli anni ’40 vedeva l’Italia annoverarsi tra i maggiori produttori. E oggi? Sarebbe un bel salto per il Pil anche regionale.
Siamo un gruppo di persone che hanno deciso di smuovere le acque.
Il tempo del ristagno intellettuale è fatto di demotivazione e delle delusioni delle proprie esperienze passate. Sicuramente il vivere sociale odierno non aiuta, ma le individualità sono la carta vincente.
Le esperienze e competenze che ci hanno avvicinato, sullo sfondo comprimario di una familiarità e stima reciproca, sono la curiosità intellettuale, il background diversificato e la voglia di rimetterci in gioco.
Chi in fine lavoro post insegnamento, chi nell'imprenditoria agricola, chi uscito dal ciclo lavorativo per scelta e/o per crisi, con esperienza multivariale in altri settori.
La scelta di confluire in una communitas rei, la cui “res”, da intendere in senso olistico, è coniugare l’intellettualità e la terra, la mente e la radice di una pianta antica.
La scelta dunque della Cannabis Sativa è radicare esperienze, ripulendo, come fa la pianta stessa, il terreno eventualmente inquinato.
Trasferendo da un ‘fare’ antico ciò che può giovare alle esigenze salutistiche di una mensa attuale, in cui il cibo sia immissione di fattori positivi e sani per la mente e per il corpo.
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